“Date loro voi stessi da mangiare”. Questo invito asciutto ed essenziale risuona ancora oggi, in un mondo dove la fame, la povertà e la disuguaglianza hanno assunto dimensioni non tollerabili. Cosa possiamo fare noi, che viviamo in università, affinché tutti abbiano accesso al cibo? Occorre capire, per agire in modo ragionevole ed efficace.

La fame ha molti volti, tanti quanti sono i volti delle persone indigenti. La si sconfigge solo con una reale vicinanza alle persone e alle comunità che soffrono la fame, e con la decisione di accompagnarle ad essere protagoniste del loro sviluppo. Il metodo dell’accompagnamento funziona a tutte le latitudini: coi poveri tra noi e con le popolazioni rurali più dimenticate ed esposte all’insicurezza alimentare.

C’è una specifica compagnia che può nascere in università ed arrivare fino alle periferie: una compagnia profondamente interdisciplinare (non per accostamento di discipline, ma per l’incontro di persone accomunate dalla passione di capire la realtà), la quale – quasi per contagio – coinvolge studiosi di altre università, in paesi dove povertà e insicurezza alimentare sono endemiche.

La nostra Università sta percorrendo questa strada. Nel Colloquium Right to Food, Peace and Democracy abbiamo lavorato sull’accesso al cibo, in collaborazione con altri studiosi dal mondo. Abbiamo appreso che l’accesso al cibo non è solo questione di pane, ma di tecnologie appropriate, di diritti e dignità – soprattutto per le donne, protagoniste nascoste ed essenziali del nutrire la vita.

Simona Beretta
Docente economia sede di Milano