Università Cattolica del Sacro Cuore

Cronaca speciale dell'elezione del Capo dello Stato

 3 marzo 2015 pastorale-quirinale_fotografi_rdax_260x173.jpg

Un famoso cronista parlamentare un giorno mi ha confessato che, per chi di mestiere racconta la politica dei Palazzi, non esiste niente di peggio che ammalarsi durante il periodo delle elezioni per il Presidente della Repubblica.  Il clima diventa particolare, si percepisce che mezzo mondo dell’informazione e della politica gira intorno alle poche vie che circondano piazza del Parlamento e piazza Montecitorio. 
La tornata elettorale che ha portato all’elezione di Sergio Mattarella non ha fatto eccezione. Per questo avevo deciso di seguirla da vicino, raggiungendo Roma per toccare con mano le reazioni degli onorevoli durante i tre giorni presidenziali, tastare l’atmosfera dei cittadini che hanno manifestato o scattato una foto, osservare le trame intavolate non solo nella buvette interna, ma anche – e soprattutto – nei bar limitrofi, nelle osterie tra via del Corso e il Vittoriale.

Di Sergio Mattarella, in realtà, si è parlato ben poco. Tra i politici che a turno si presentavano in piazza per le interviste, pochissimi di loro si sono soffermati sulle caratteristiche del neo Presidente. «Non abbiamo nulla da eccepire contro Mattarella», dicevano le opposizioni. «È la persona giusta», ribattevano a vario titolo i grandi elettor Pd, Sel e via di seguito. Altri, invece, servivano continuamente la carta del complotto: «se votano Mattarella è perché vogliono mantenere il Patto del Nazareno. Se Forza Italia non lo vota…beh, ci sarà qualcosa sotto». La prova dei fatti, nei giorni successivi, smentirà questa ipotesi. 
Ma se le posizioni appena descritte hanno trovato pieno riscontro nei media nazionali, ci sono alcune particolarità e divertenti retroscena che possono raccontare in maniera più precisa il clima dei tre giorni che hanno portato all’elezione del Presidente.
Giovedì la parola d’ordine è stata «frenesia». O forse «confusione». Il risultato del primo giorno, ovvio, era scontato, ma la scelta del nome di Mattarella aveva generato una sorta di vortice di reazioni scomposte da parte, in particolare, delle minoranze parlamentari. Tant’è che Mattarella è uscito ben presto di scena per lasciare il posto al fatidico Patto del Nazareno e a uno dei suoi contraenti, Silvio Berlusconi. Al suo arrivo in via degli Uffici dei Vicari, dove hanno sede i gruppi parlamentari, ha richiamato come api al miele tutte le telecamere e i microfoni. Rimasti poi in attesa quasi mezz’ora per registrare non più di 20 secondi di silenziosa passeggiata del Cavaliere, dalla porta del palazzo alla portiera dell’auto. Tuttavia, sulle sue scelte si è concentrato il dibattito di commentatori e, soprattutto, politici che ritornavano a casa dopo aver gettato (quasi tutti) la scheda bianca nell’insalatiera. 
Nascosto in un impermeabile nero, abbiamo accompagnato per un pezzo di strada un senatore del gruppo Gal (Grandi Autonomie e Libertà), Salvatore D’Anna. Per chiedergli, senza la fretta della dichiarazione da rilasciare a favore di Tv, il clima politico serale. Discussione riassumibile in un’efficace battuta: «Maradona, cioè Berlusconi, ad una certa età può fare l’allenatore, non la mezz’ala. Mi capisce?». Capivo, perché era un sentimento condiviso e variamente espresso dai molti che avevo avuto modo di incontrare.

Se, invece, dovessimo riassumere in una parola l’intera seconda giornata di votazioni, sicuramente il termine più appropriato sarebbe «monotonia eccitata». Nel senso che sin dalla mattina nessuno avrebbe messo in dubbio che si sarebbe comunque giunti al giorno successivo per iniziare a far sul serio. Ma, al tempo stesso, rimaneva sullo sfondo una sorta di vago sensore che qualcosa in ballo potesse esserci. Per la precisione, la partecipazione – o meno – del Nuovo Centrodestra al voto per Mattarella. 
Intorno alle otto del mattino, al bar-gelateria Giolitti (ottimo gelato), Paolo Romani, capogruppo al senato per Forza Italia, stava bisbigliando ad un collega di esser certo che «con Alfano abbiamo un accordo», «non voterà Mattarella». Nonostante l’espressione spesso impassibile, il senatore tradiva una speranza ed eccitazione per il possibile smacco che avrebbero riservato al Premier Renzi. 
C’era in effetti del timore scaramanticamente allontanato, eppure percepibile, nelle poche parole estorte a Lorenzo Guerini, vicesegretario del Pd: «Non esiste alcun piano B». «E se non va a buon fine Mattarella?» «Senta» - mi ha risposto - «facciamo come se non le avessi detto niente e mi lasci bere un cappuccino». Coincidenza o no, ha evitato di entrare nello stesso bar dell’avversario, scegliendo quello a fianco. 
Per il resto, però, calma piatta: dichiarazioni asettiche, pochi sussulti e anche pochi aneddoti da raccontare. Se non la forte pioggia che si è abbattuta sui giornalisti in piazza, di cui molti senza ombrello. Ed ha permesso agli onorevoli di non fermarsi davanti a penna e taccuino. «Senatore Tremonti, permette una domanda?». «Non vede che piove? Non posso fermarmi…». A due passi c’era una tettoia.

Sabato, per la terza mattina di fila mi sono seduto al bar Illy. Dalla porta a vetri scorrevole entrò allora Piero Ichino, giuslavorista di cui ho dimenticato la collocazione politica dopo alcuni trasformistici spostamenti. Un collega gli si avvicina per fare un’infelice battuta: "allora, stasera pasta fatta a mano?". Ichino non capisce. "Beh, stesa con il... Mattarella", prova a spiegare cercando di suscitare ilarità. Ichino abbozza per compassione all'infelice battuta, ma il siparietto spiega più di molte altre dichiarazioni lo stato d'animo degli elettori della maggioranza. Sicurezza e rilassatezza. Anche perché la scena che si profilava era quella di una lunga marcia di trolley tirati dai grandi elettori pronti a lasciare Roma nel pomeriggio. Come me, in fondo. 
Verso le nove arrivò la notizia che Nuovo Centrodestra avrebbe sostenuto Mattarella. Si poteva tirare un sospiro di sollievo, il tutto sarebbe finito non più tardi delle due del pomeriggio. In effetti fu proprio così: l’esercito degli onorevoli trolley si dirigeva ormai, verso la stazione Termini.

Autore: GIUSEPPE DE LORENZO