Università Cattolica del Sacro Cuore

"Dov'è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore" (Mt 6,21) Omelia di S.E.Mons Claudio Giuliodori in preparazione alla Solennità del Sacro Cuore

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Omelia di S. E. Mons. CLAUDIO GIULIODORI
Assistente Ecclesiastico Generale

(Letture: Os 11,1.3-4.8-9; Is 12,2-6; Ef 3,8-12.14-19; Gv 19,31-37)


Magnifico Rettore, illustri Presidi, autorità accademiche e amministrative, stimati docenti, venerati confratelli nel sacerdozio, personale, cari studenti

Nella riflessione sul Sacro Cuore di Gesù ci guidano quest’anno le parole di San Paolo, o meglio, quella che si presenta come una vera e propria preghiera che egli rivolge a Dio a favore della comunità degli Efesini affinché possano vivere in pienezza la loro fede. «Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio» (Ef3,17-19). 
Sono parole che si addicono bene anche alla nostra comunità e che possono illuminare il nostro impegno nell’ambito dell’Università Cattolica. Ci sono tre aspetti di questa invocazione paolina che ci possono aiutare a comprendere quanto sia importante e feconda la scelta dei fondatori di porre sotto la protezione del Sacro Cuore di Gesù l’Ateneo dei Cattolici italiani e quanto sia necessario, ancor oggi, non meno che nel passato, rimanere ancorati a questo fulcro spirituale che ne illumina e ne sostiene la missione. 
In primo luogo San Paolo ci ricorda che tutto ruota attorno all’incontro con Cristo e che ogni giorno siamo chiamati a fagli spazio nella nostra vita affinché possa abitare per mezzo della fede nei nostri cuori. È chiaramente un invito a coltivare nella preghiera, nella vita sacramentale e nella formazione spirituale l’incontro con il Signore, ma èanche un richiamo a verificare che il nostro cuore non sia orientato altrove, che non abbia inquilini impropri o, peggio ancora, che non sia ricolmo di passioni, interessi oattaccamenti che non lasciano spazio a lui. Gesù lo ha detto chiaramente «dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore» (Mt 6,21). Il nostro tesoro non può che essere il Signore Gesù, un tesoro da custodire e coltivare ogni giorno con gioia e dedizione perché la sua presenza nel nostro cuore ci consente di essere, come sottolinea San Paolo,«radicati e fondati nella carità». 
Ciò significa che la presenza di Cristo nei nostri cuori non genera solo buoni sentimenti ma ci rende operosi nella carità, quella carità che è fatta di gesti e segni concreti, come ampiamente descritto sempre da San Paolo nell’inno alla carità: «La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1Cor 13, 4-7).
Questo significa concretamente che il nostro Ateneo, posto sotto l’egida del Sacro Cuore, dev’essereun ambiente in cui si può fare esperienza dell’amore di Cristo, dove lo si può riconoscere nei volti e nei gesti delle persone, lo si può sperimentare nello stile e nei modi con cui ci si relaziona e ci si accoglie gli uni gli altri. Il primo e più importante titolo che tutti, dal primo all’ultimo, dai docenti agli studenti al personale, siamo chiamati ad acquisire, e non lo si acquisisce mai una volta per tutte perché bisogna confermarlo e accrescerlo ogni giorno, è quello di “testimoni credibili dell’amore di Cristo”.
Qualcuno potrebbe pensare che questa prospettiva non si addica molto ad una comunità accademica che dovrebbe avere come suo primo compito quello di coltivare il sapere, la conoscenza, la ricerca. Non c’è dubbio che questo sia l’ambito che qualifica e caratterizza la natura e l’identità di una istituzione accademica. Ma come Università Cattolica dobbiamo prestare attenzione ad una espressione usata da San Paolo che costituisce il secondo aspetto su cui vorrei brevemente soffermarmi.
L’apostolo delle genti ci ricorda che alla fine di tutto ciò che conta è «conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza». In questa espressione, che meriterebbe ben altro approfondimento rispetto a quanto si possa dire nel contesto di un’omelia, possiamo riconoscere l’elemento identificativo e caratterizzante di una Università Cattolica, che con ogni altra istituzione accademica condivide l’impegno per approfondire e diffondere la conoscenza, ma lo fa sapendo che c’è una conoscenza che va oltre tutte le forme di sapere umano e scientifico, che le contiene e le trascende tutte. È quella conoscenza, illuminata  e guidata dallo Spirito Santo, che ha la sua verità ultima non tanto in un’idea o in un sapere, ma nell’esperienza concreta dell’amore di Cristo, attraverso cui siamo ricolmati «di tutta la pienezza di Dio».
È quanto troviamo affermato nell’Ex corde ecclesiae, la Costituzione apostolica di San Giovanni Paolo II di cui celebriamo il venticinquesimo anniversario e su cui, a più riprese e con varie iniziative, ci siamo soffermati nel corso di quest’anno. «Per una sorta di universale umanesimo - afferma la Costituzione -, l'Università cattolica si dedica completamente alla ricerca di tutti gli aspetti della verità nel loro legame essenziale con la Verità suprema, che è Dio. Essa, quindi, senza alcun timore, ma piuttosto con entusiasmo s'impegna su tutte le vie del sapere, consapevole di essere preceduta da colui che è “Via, Verità e Vita” (Gv 14,6), il Logos, il cui Spirito di intelligenza e di amore dona alla persona umana di trovare, con la sua intelligenza, la realtà ultima che ne è la fonte e il termine, ed è il solo capace di donare in pienezza quella Sapienza, senza la quale l'avvenire del mondo sarebbe in pericolo» (n. 3).
La fedeltà a questa altissima vocazione e ad una tale impegnativa missione, non è scontata, soprattutto in un tempo di vasti e profondi cambiamenti, esterni ed interni, e va continuamente posta al centro di ogni interesse, di ogni programmazione e di ogni autentica innovazione. È un’impresa certamente non facile, ma anche affascinante e ricca di implicazioni. 
Vivere i dinamismi complessi dell’odierno mondo universitario e abitare il controverso scenario culturale della nostra epoca con uno sguardo di fede e facendoci testimoni dell’amore di Cristo,non significa sentirsi diversi o rimanere ai margini, quanto piuttosto sapere che oggi, come e più di ieri, abbiamo un compito da assolvere: stare fino in fondo dentro la storia del nostro tempo con tutte le sue tensioni e le sue speranze, consapevoli che in ogni contesto siamo chiamati a dischiudere orizzonti altri, più veri e più profondi.
Siamo così introdotti al terzo aspetto che San Paolo coglie con estrema lucidità ed esprime con grande efficacia quando, piegando le ginocchia davanti al Padre,chiede la possibilità di «comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità» del mistero dell’amore di Cristo.Sono le coordinate di una conoscenza davvero universale. È l’invito a percorrere tutte le strade e a spendersi senza riserve nella ricerca della verità, aperti e disponibili al dialogo e al confronto con tutti. Lo sguardo di fede non restringe l’orizzonte, non pone limiti, non soffoca la ricerca, offre piuttosto la possibilità di scandagliare in profondità tutti gli aspetti dello scibile umano sapendo che in ogni realtà, autenticamente indagata e vissuta,si riflette la sapienza divina.
Dobbiamo essere grati al Signore perché questa ricerca appassionata della verità e il desiderio di essere promotori di una cultura plasmata dai valori cristiani e orientata al bene comune, sono alla base di tante attività dell’Ateneo e in particolare in alcune di grande rilevanza nazionale e internazionale. Penso al progetto di ricerca sulle nuove generazioni, unico nel panorama nazionale, realizzato con il Rapporto Giovani in collaborazione con l’Istituto Toniolo; a tutto il lavoro interdisciplinare svolto sugli anziani e sull’allungamento della vita, con la presentazione di progetti a livello europeo e la partecipazione ai relativi bandi;al contributo scientifico e organizzativo dato alle iniziative collegate all’Expo2015 che hanno visto l’Università Cattolica in prima linea anche nel sostegno alle attività della Santa Sede e della Chiesa italiana. 
Ma penso anche all’attività svolta, con un’ampia e significativa partecipazione di tanti docenti, dalla Libera Iniziativa Culturale d’Ateneo, che a suo modo rappresenta una modalità concreta per approfondire “l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità” con cui il mistero di Cristo si rende visibile nella vita e nell’attività della nostra amata Università Cattolica. Il lavoro avviato è certamente prezioso per la nostra autocoscienza e per il nostro impegno di oggi e di domani, ma costituisce anche un interessante laboratorio per contribuire alla crescita di quel nuovo umanesimo che è al centro del Convegno ecclesiale della Chiesa italiana, come è stato ben illustratoin un articolo pubblicato sul quotidiano Avvenire di domenica scorsa (cfr p. 18).
Vorrei concludere con un pensiero rivolto ai nostri studenti, che costituiscono la ragion d’essere ultima e fondamentale della nostra Università. Ho pensato a loro ascoltando le parole del profeta Osea che parla della premura con cui Dio si prende cura del suo popolo: «Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia». Se dobbiamo certamente imparare molto dalla pedagogia di Dio e dalla sua tenerezza, ci conforta riscontrare come alcuni tratti di questa bontà siano ben visibili nel modo con cui tanti docenti, il personale, gli assistenti pastorali, le comunità dei collegi, si prendono cura ogni giorno degli studenti. 
Essi lo percepiscono e il passa-parola positivo, che giunge anche alle famiglie, fa sì che il nostro Ateneo sia riconoscibile e riconosciuto come un luogo dove si può fare esperienza di un autentico processo educativo e della bellezza del vivere, secondo quella prospettiva “carismatica” di cui ha parlato il Card. Parolin intervenendo a Parigi sul tema dell’educazione per i 70 anni dell’Unesco lo scorso tre giugno: «Un’educazione sensibile alla bellezza si consolida e diviene più matura nella cura dell’ambiente, nell’attenzione al prossimo, nella partecipazione agli ideali. L’educazione si fa carismatica. Carisma di fatto viene dal greco chàris che è anche la radice di grazia, gentilezza e gratitudine: questa bellezza ha un bisogno vitale di gratuità e condivisione».
Tutto questo, di cui siamo testimoni e protagonisti, è un dono che sgorga dal Sacro Cuore di Gesù e che continua a pulsare nella nostra Università Cattolica. Esprimiamo dunque con gioia, anche attraverso questa celebrazione, la nostra immensa gratitudine al Sacro Cuore di Gesù e chiediamo luce e sostegno per proseguire con gioia e coraggio nel nostro cammino.
Sia lodato Gesù Cristo.

Milano, 10 giugno 2015                                                

Claudio Giuliodori