Università Cattolica del Sacro Cuore

Omelia di S.E. Mons. Claudio Giuliodori in occasione della Solennità del Sacratissimo Cuore Di Gesù

 31 maggio 2016

Omelia di S. E. Mons. Claudio Giuliodori - Assistente Ecclesiastico Generale

(Letture: Ez 34,11-16; 22,1-3a.3b-4.5.6.; Rm 5,5b-11; Lc 15,3-7)

Magnifico Rettore, illustri Presidi, autorità accademiche e amministrative, stimati docenti, venerati confratelli nel sacerdozio, personale tecnico, cari studenti.

La solennità del Sacro Cuore è la festa più importante della nostra famiglia universitaria. È già di per sé una significativa solennità liturgica della Chiesa, ma per noi assume un valore e un significato ancora più rilevante. Sappiamo con quanta caparbietà e determinazione sia stata scelta questa titolazione per il nostro Ateneo, anche a fronte di qualche riserva e timore per quella che poteva apparire un’eccessiva connotazione religiosa di una istituzione che doveva misurarsi con il contesto accademico e civile di uno stato laico. Ma i fondatori, spinti soprattutto dalla ferma convinzione di Armida Barelli, hanno ritenuto che il principale artefice di una tale impresa poteva essere solo il Sacro Cuore di Gesù. Possiamo dire che, a distanza di quasi un secolo, questa felice e illuminata decisione, non ha deluso le aspettative e ha prodotto frutti preziosi.

Celebriamo pertanto questa ricorrenza sentendo, in primo luogo, il dovere di esprimere il più sentito e riconoscente ringraziamento al Sacro Cuore che nel corso degli anni ha saputo condurre e sostenere il cammino di questa opera meravigliosa, cresciuta progressivamente nel tempo e oggi espressione tra le più significative dei cattolici italiani. Ma proprio in ragione di una tale valenza “fondativa”, per un verso, e “configurativa”, per un altro, questa nostra solenne celebrazione non può essere considerata una semplice memoria liturgica o una pur rilevate ricorrenza istituzionale.

Celebrare il Sacro Cuore di Gesù, anche grazie alla potente efficacia dell’azione liturgica, significa sentire concretamente il cuore pulsante del Signore all’interno di questo suo corpo, le cui membra sono le diverse componenti della nostra realtà universitaria, tutte ugualmente protagoniste e determinanti per la vita dell’Ateneo. La linfa vitale che viene irrorata dal Sacro Cuore dona energia a tutto l’organismo e ad ogni sua parte, come avviene per la circolazione sanguigna del corpo. Siamo sempre consapevoli di quanto sangue circola nel nostro organismo e fin dove arriva il sistema cardiovascolare? Così avviene anche per l’opera di grazia che sgorga incessantemente dal Sacro Cuore e che irrora tutto il nostro organismo accademico, anche se spesso non ce ne accorgiamo e non sempre ne siamo consapevoli.

La parola di Dio che abbiamo ascoltato ci aiuta a comprendere meglio il dinamismo di questa azione divina che sta a fondamento di tutto ciò che viviamo e facciamo. In questo anno la liturgia del Sacro Cuore pone in evidenza la metafora del Buon Pastore che ritroviamo nella prima lettura, nel salmo e nel Vangelo. Ci sono molti spunti che possiamo trarre da questi testi per la vita del nostro Ateneo e per cogliere meglio come anche oggi il Sacro Cuore guida e ispira il nostro impegno. Una prima considerazione ci viene suggerita dal Profeta Ezechiele quando sottolinea che il Pastore “radunerà le sue pecore da tutte le regioni e da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine”. Possiamo leggere in questa descrizione anche una peculiarità del nostro Ateneo, diffuso su più regioni e con persone, dagli studenti ai docenti al personale tecnico-amministrativo, che vengono da diversi territori Italiani e ormai anche da contesti internazionali.

Il profeta aggiunge che questo raccogliere è finalizzato ad evitare che si disperdano nei giorni nuvolosi e di caligine. Fin dal suo sorgere P. Agostino Gemelli ha pensato all’Ateneo dei Cattolici italiani come ad un luogo dove fosse possibile per le nuove generazioni trovare il riparo e il nutrimento necessari per affrontare le paludi dell’indifferenza, i labirinti del relativismo, le distorsioni derivanti dalle diverse ideologie che inducono visioni distorte della realtà. L’Università Cattolica è chiamata a farsi interprete, oggi non meno di ieri, di questo affascinante compito di affiancare i giovani per renderli forti nella mente, nella volontà e nello spirito, maturi e responsabili, capaci di discernimento e di scelte coraggiose. Solo così sarà possibile evitare che si disperdano nella frantumazione culturale del nostro tempo, che diventino preda dei modelli consumistici ed edonistici imperanti, che si lascino soggiogare da visioni nichiliste o fondamentaliste.

Come l’Università può fare tutto questo? Il profeta ci dice che il Buon Pastore porta il gregge a “pascolare sui monti d'Israele, nelle valli e in tutte le praterie della regione” e il salmista rassicura che il buon pastore “su pascoli erbosi mi fa riposare ad acque tranquille mi conduce”. Nell’esegesi simbolica dei Padri della Chiesa questi luoghi diventano specifiche modalità di accompagnamento e di cura. Sant’Agostino commenta questo passo del profeta Ezechiele rivolgendosi alle pecore, cioè i fedeli, del suo gregge: «Egli ha formato i monti d'Israele, cioè gli autori delle Scritture divine. Lì andate a pascolare, se volete pascolare sicure. Ciò che udrete da quei monti formi il vostro gusto; ciò che vi viene da altre parti, respingetelo. Per non smarrirvi fra le nebbie, ascoltate la voce del pastore: raccoglietevi attorno ai monti che sono le sacre Scritture. Lì sia la delizia del vostro cuore, poiché lì non c'è nulla di velenoso né di estraneo: sono pascoli inesauribili. Badate soltanto a giungervi sane, per pascervi salutarmente sui monti d'Israele» (Sant’Agostino, Discorso 46, 24).

In questa interpretazione allegorica, anche le valli e le praterie sono presentati come gli insegnamenti che nutrono la mente e il cuore, nella ricerca costante e appassionata della verità. Quanto è grande e stupenda la missione che ci è affidata! Quanto fragranti e nutrienti sono i pascoli erbosi che può offrire il nostro Ateneo se pensiamo all’immenso patrimonio culturale messo a disposizione degli studenti! E come non desiderare che assomiglino, in qualche modo, a fonti di acqua cristallina le centinaia di insegnamenti di alto profilo scientifico offerti con sapienza e competenza in questa Università?

Ma c’è un terzo aspetto nel discorso del Profeta Ezechiele che specifica il vero senso del “prendersi cura”: «Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all'ovile quella smarrita; fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia». Alla luce dell’agire di Dio, che si riflette poi nell’azione della Chiesa e diventa quindi paradigmatico anche per la missione della nostra Università, siamo chiamati a rinnovare la nostra attenzione verso tutti e in particolare verso i più fragili e bisognosi. Dobbiamo curare le personalità forti e garantire loro le  migliori possibilità per mettere pienamente a frutto i doni ricevuti. Ma dobbiamo ugualmente essere attenti a coloro che sono segnati da fragilità e sofferenze, facendoci carico, soprattutto, delle ferite più profonde e meno visibili che sono quelle spirituali e morali assieme a quelle sociali e culturali,

In questo quadro si inserisce un’ulteriore attenzione sollecitata dal Vangelo. Gesù, riprendendo l’immagine del profeta Ezechiele sottolinea come Dio abbia una particolare premura per la pecora perduta e non si accontenti delle 99 già al sicuro. E ritrovatala, non manca di evidenziare che «ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione». Non dobbiamo avere paura di pensare al lavoro del nostro Ateneo come ad una qualificata e specifica collaborazione all’opera di Dio che cerca la pecora perduta e desidera ardentemente che chi si è smarrito possa tornare a lui. Se la conversione è opera della grazia divina e segue percorsi che a noi sfuggono, preparare il terreno umano e intellettuale, smantellare chiusure e preclusioni alla trascendenza, tracciare orizzonti e percorsi aperti alla verità, offrire una visione antropologica e sociale che riconosce la centralità della persona e il primato del bene comune, sono tutte prospettive che costituiscono il concreto e irrinunciabile contributo che un Ateneo Cattolico può e deve dare alla missione della Chiesa, soprattutto nel nostro tempo.

Con questo sguardo, che impegna in primo luogo ciascuno di noi a convertirsi e ci fa diventare collaboratori dell’agire misericordioso di Dio, ci collochiamo infatti al cuore del messaggio del Giubileo straordinario della Misericordia che ha trovato ampia risonanza anche nel cammino del nostro Ateneo con i diversi momenti celebrativi, tra i più rilevanti possiamo ricordare il significativo pellegrinaggio a San Pietro del 9 aprile scorso, i molteplici e variegati percorsi di riflessione e di approfondimento, l’intenso e ricco Seminario di studio che si è appena concluso, le numerose occasioni di conoscenza e condivisione di una miriade di esperienze di solidarietà di cui spesso non abbiamo consapevolezza ma che costituiscono di fatto la trama profonda di un agire misericordioso che nel cuore dei membri di questo Ateneo e nelle sue diverse espressioni organizzate è ben più presente di quanto possiamo immaginare e percepire.

Il Sacro Cuore di Gesù continua certamente ad effondere copiosi doni di grazia sul nostro Ateneo, ma nello stesso tempo ci chiama da essere vigili e operosi per coltivare il carisma originario e far si che sia ancor oggi fecondo nel produrre benefici spirituali, culturali e sociali. Non dimentichiamoci mai che onorando il Sacro Cuore noi rinnoviamo il nostro sguardo sulla realtà, sulla scienza e sulla cultura e soprattutto, come scriveva Gemelli nel 1919 pensando all’Università che stava progettando, impariamo a guardare a Gesù Cristo, suprema ragione del nostro vivere, suprema bellezza da contemplare, suprema bontà da imitare, supremo premio da raggiungere” (A. Gemelli, La funzione religiosa della cultura, in “Vita e Pensiero”, aprile 1919).

È dal Sacro Cuore che alla fine dipende l’efficacia dei piani strategici, delle attività didattiche e di ricerca, dei percorsi formativi culturali e spirituali. Non dobbiamo avere timore di riconoscere questa azione di grazia e di attingere a questa fonte inesauribile di energia e di luce. Non è un’ingerenza e non toglie nulla alla nostra responsabilità, anzi la rende più gravosa e impegnativa, più alta e nobile, più forte, e permettetemi, più vera e scientifica.

Al Sacro Cuore oggi affidiamo anche il rinnovo del mandato al Magnifico Rettore Prof. Franco Anelli che ringraziamo per il prezioso lavoro svolto fino ad oggi. Preghiamo perché il Signore lo sostenga e lo illumini nel suo servizio al nostro Ateneo in un tempo che ci vede impegnati in nuove e affascinanti sfide, mentre ci avviciniamo al primo secolo di vita dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. E nel pensare all’approssimarsi del primo centenario non ci sfugge l’importanza dei semi che ne hanno preparato l’avvio, come il grande evento della Consacrazione dell’esercito italiano al Sacro Cuore di Gesù realizzato tra il 1916 e il 1917 per iniziativa di Armida Barelli e di P. Agostino Gemelli. Evento che per il metodo e l’impatto impressionante che ebbe in Italia e in Europa costituì una specie di prova generale per l’avvio del nuovo Ateneo e la sua consacrazione al Sacro Cuore di Gesù. Ciò ci sollecita a pregare, anche in questa circostanza, per la pace e la solidarietà tra popoli in un tempo in cui non mancano conflitti e tensioni.

Confortati dal sostegno e dalla guida di una così grande protezione, proseguiamo con serenità e gioia il nostro cammino. Chiediamo a Maria, al termine di questo mese di maggio in cui l’abbiamo invocata e onorata con la preghiera del rosario, di aiutarci a restare vicino al Cuore di Gesù. Nessun ostacolo sarà troppo arduo né alcuna impresa troppo gravosa se terremo i nostri cuori accanto al Sacratissimo Cuore del Signore e lo serviremo con umiltà e coraggio. Amen.