Vicino a chi accoglie in Casa della Carità
Andreea Paduretu, 23 anni, è una studentessa del corso di laurea in Management internazionale con una vocazione professionale alla cooperazione. Dopo essere stata in Giordania con Mission Exposure, ha deciso di continuare a vivere il volontariato come missione quotidiana aderendo al progetto Be Present, promosso dal Centro Pastorale #unicatt con l’Ufficio Educazione alla Mondialità del PIME per dare l’opportunità agli studenti di dedicarsi agli altri. Ogni martedì Andreea prende la metro alla fermata Cadorna e arriva in via Brambilla 10 a Milano, dove si trova la Fondazione Casa della Carità. Un luogo che da sempre si prende cura delle persone escluse e promuove accoglienza e cultura. Lì, incontra Padre Alessandro Canali, assistente pastorale dell’Università Cattolica e insieme trascorrono qualche ora in un grande salotto frequentato da chi quel giorno va alla Casa della Carità per farsi una doccia. Un servizio come tanti a Milano ma con qualcosa in più, che è proprio l’idea di far sentire gli ospiti a casa. Ogni tanto si affaccia qualcuno dello staff e chiama un numero per indicare il turno della doccia. Nel frattempo, si può bere un caffè o una bibita, mangiare una fetta di torta, guardare la Tv, sedersi a un tavolo e scambiare due parole. È lì che Andreea trascorre il suo tempo, invita gli ospiti a giocare a dama, ma è solo un pretesto per aprire un dialogo, mettersi nella condizione di ascolto. “Molti di loro sono senzatetto o persone che vivono in case abusive, alcuni sono arrivati in Italia per aiutare economicamente i familiari nel Paese di origine, fanno grandi sacrifici. C’è chi proviene da Paesi arabi e del Medioriente o dal Senegal, ma anche dal Mali e dall’Ucraina. Si parlano molte lingue, non sempre è facile capirsi, ma non importa, è bello vedere che le persone vengono qui per trovare aiuto e ascolto”. Ogni martedì è diverso dagli altri, niente è scontato. “Le prime volte – ammette – ero a disagio”. Ma va bene così, “relazionarsi con gli altri è qualcosa che si può imparare”. Per lei l’esperienza di Be Present rappresenta anche questo, una spinta a mettersi in gioco.