Da una capitale all’altra. Per una Russia che non ti aspetti - 2018


La Russia non si intende con il senno
né si misura col comune metro:
è fatta a modo suo,
nella Russia si può credere soltanto.

 

Questi versi del poeta Fëdor Ivanovič Tjutčev (1803-1873) possono ben a ragione essere presi come motto del viaggio compiuto da 71 tra docenti e collaboratori dell’UCSC, che nell’arco di nove giorni - dal 23 al 31 agosto - hanno potuto esplorare le due capitali della Russia moderna (San Pietroburgo e Mosca) e due antiche capitali dei principati russi medievali, Suzdal’ e Vladimir. Quattro città, quattro scenari diversi per cogliere qualche tratto di quell’immenso paese che è la Russia, la cui superficie occupa più della nona parte delle terre emerse (più di 17 milioni di kmq su una superficie totale di quasi 149 milioni di kmq) estendendosi sui due continenti europeo e asiatico. Questo dato geografico subito si tramuta in una chiave prospettica fondamentale per accostarsi alla Russia (nome per tutti ben più pregnante ed evocativo della denominazione ufficiale di Federazione Russa, oggi vigente), che consiste nell’unione di curiosità e umiltà: curiosità per l’inesauribile ricchezza numerica e qualitativa delle infinite sfaccettature di questo gigante geopolitico; umiltà per la necessaria disponibilità innanzitutto a guardare e a imparare, dal momento che appare subito chiaro - a chi sia intellettualmente onesto e leale con se stesso e con la realtà - come non si possa conoscere una simile complessità (e drammaticità) umana, sociale e storica se non si è disposti ad abbandonare pregiudizi e stereotipi di cui, purtroppo siamo ampiamente dotati e riforniti.

Fin dall’arrivo a San Pietroburgo si è palesato in tutta la sua imponenza il peso che il recente passato riveste nella memoria russa contemporanea: il “monumento agli eroici difensori di Leningrado” (nominata “città eroe” per la resistenza a 872 giorni di tremendo assedio da parte dei nazisti) si erge infatti nel mezzo dell’ampio viale che dall’aeroporto conduce alla città, e viene commentato dalla guida russa con una partecipazione che ancora ricorda come non esista praticamente nessuna famiglia di pietroburghesi che non annoveri delle vittime di questo tremendo episodio di 70 anni or sono. Ma questa prima impressione della città si è subito mescolata con altre sue “anime”: la visita all’Ermitage (antico Palazzo d’Inverno), con le sue collezioni museali di assoluto splendore, ha infatti permesso da un lato di toccare con mano l’impronta modernizzatrice, il dispotismo illuminato e l’ambizione di competere - vincendo - con le grandi capitali europee che animava Pietro il Grande e i suoi successori, ma insieme - con la visita alla sala in cui il governo provvisorio venne arrestato dai bolscevichi durante la Rivoluzione d’ottobre del 1917 - il fulmineo sgretolarsi di una narrazione imperiale che aveva perso - proprio a partire dall’opera di Pietro e dal suo appropriarsi del governo della Chiesa ortodossa russa - uno slancio ideale che non fosse la sola idea dell’autocrazia, arrivando così a quella totale scollatura della famiglia imperiale dalla vita del popolo che permise il subitaneo dissolvimento della dinastia dei Romanov.

Il greve sentore della rivoluzione e del bolscevismo, unito però alla volontà di rinascita e di riscatto degli ultimi tre decenni, ci ha accompagnato anche nella visita alla cattedrale della Madre di Dio Fëdorovskaya: una chiesa costruita dalla famiglia imperiale nel 1909 e trasformata poi dai bolscevichi in una centrale del latte, fino a quando - nel 2005 - venne restituita alla Diocesi ortodossa, che potè così affidare alla comunità locale il compito di riportare alla vita non solo l’edificio sacro, ma anche la vita ecclesiale. L’incontro con il parroco, padre Aleksander Sorokin, è stato dapprima l’occasione per ammirare la chiesa inferiore, costruita in forme paleocristiane e decorata da uno tra i più grandi iconografi viventi che si è ispirato alle pitture delle catacombe romane, per confluire poi in un dialogo aperto che ha permesso ai presenti di comprendere qualcosa del significato del 1991, di come la fede si sia trasmessa grazie all’opera nascosta delle madri durante gli ultimi decenni del comunismo, allorquando - dopo le tremende persecuzioni dell’epoca staliniana - essere credente significava essere ritenuto un essere inferiore, dalle ridotte capacità intellettive e incapace di affrontare la vita con la forza della ragione e della scienza. In questa situazione, molti furono battezzati segretamente dalle madri, che conservavano la fede, incuranti del dispregio che ciò comportava.

Un’altro momento di particolare intensità ci ha visti percorrere le strade e le piazze abitate dalla memoria dei personaggi di Dostoevskij e di Gogol, o pregne della memoria di Puškin: un momento - guidato sapientemente dalla prof. Elena Freda Piredda - che ha permesso di cogliere, oltre la magnificenza dei palazzi e delle vie principali, l’animo ansioso, timoroso e insoddisfatto di una città segnata fin dall’origine dal tentativo - colmo di hybris - da parte dell’uomo di affermarsi sulla natura, ergendosi a demiurgo del proprio destino, e che non a caso diventerà il luogo in cui il nichilismo terrorista e rivoluzionario del secolo XIX preparerà il terreno per il rivolgimento del 1917 e le sue tragiche conseguenze. La conclusione della parte pietroburghese del viaggio è stata segnata dalla visita al cimitero della Lavra di S. Alessandro Nevskij, i cui monaci furono sterminati poco dopo la rivoluzione, per venerare il cenotafio del Metropolita Veniamin (condannato a morte e fucilato con un processo-farsa che affrontò con dignità e fermezza) e la tomba del Metropolita Nikodim, responsabile delle relazioni internazionali della Chiesa Ortodossa russa fino al 1978, quando venne a mancare proprio durante un’udienza con papa Luciani.

Dopo San Pietroburgo, l’itinerario si è sviluppato in uno scenario totalmente differente: quello di due capitali dei principati russi medievali - Vladimir e Suzdal’ - ricche di testimonianze di quella Russia antica che costituì il bersaglio dell’azione modernizzatrice di Pietro il Grande. In queste città abbiamo potuto conoscere l’“anima” della Russia antica, con le caratteristiche architetture dalle cupole “a cipolla” - ricche di una simbologia che vede nell’edificio sacro ad un tempo la raffigurazione del cosmo e della divinoumanità di Cristo - ma anche con la sorprendente scoperta che proprio gli inizi del gusto artistico e architettonico russo sono marcati dalla presenza di artisti e mastri scultori venuti da Occidente, grazie ai legami dei principi russi con Federico Barbarossa. Così, la chiesa della Protezione della Vergine posta sul fiume Nerl, al limitare di una immensa prateria e che abbiamo raggiunto - immersi in uno splendido tramonto - solo dopo mezz’ora di cammino in uno spazio sconfinato, sorprende il visitatore con una ricchezza di raffigurazioni antropomorfe e zoomorfe che sottolineano lo slancio verso l’alto di un’architettura dalle forme palesemente romaniche, sulle quali si è innestato il genio russo, capace di rielaborare profondamente lo spazio architettonico bizantino e di inserirlo nello spazio naturale della vastità di quella terra.

Anche la tappa di Vladimir ha visto un prezioso incontro, avvenuto nella locale parrocchia cattolica: con il parroco, padre Sergej, che ci ha raccontato di una realtà piccola ma viva, in ottime relazioni con la Chiesa ortodossa, e con Svetlana Martianova, docente di Letteratura presso la locale Università e fautrice di diverse iniziative volte a permettere agli studenti russi di conoscere la cultura e la lingua italiana, come parte di una formazione di tutta la persona, e non solo volta ad acquisire competenze e nozioni. Un incontro che già promette sviluppi in cui potrebbe essere coinvolta l’Università cattolica.

L’ultima parte del viaggio ci ha visti giungere a Mosca, sicuramente - dopo le tappe di Pietroburgo e Vladimir - più “attrezzati” per leggere questa impressionante metropoli (oltre 14 milioni di abitanti) dalle caratteristiche uniche per storia, urbanistica, architettura e clima culturale e sociale. In questa megalopoli, infatti, si intrecciano le testimonianze del tardo medioevo e rinascimento russo (così legate all’Italia, come mostrano le architetture di Aristotele Fioravanti e Pietro Solari) con i sette grattacieli di epoca staliniana, cui si aggiungono i palazzi nobiliari e borghesi barocchi e rococò e le “chruščëvke”, ovvero le case popolari prefabbricate volute da Chruščëv come soluzione provvisoria  della grave crisi degli alloggi, ma tuttora (sic!) abitate.

La visita del Cremlino, cuore di Mosca in cui convergono tutte le anime e le contraddizioni della città, ha spaziato dal gelido palazzo del Congresso dei Delegati, voluto sempre da Chruščëv nel 1961, alle antiche Cattedrali che scandivano la vita e la morte degli Zar fino all’epoca di Pietro I, agli edifici governativi e all’impressionante campanile di Ivan III il Grande. Ma - quasi a fare da contraltare a questo lato glorioso della storia russa, l’ultimo giorno ci ha portati nella cintura esterna di Mosca, per la visita al poligono di tiro di Butovo, dove negli anni delle purghe staliniane vennero fucilate decine di migliaia di persone, sepolte in fosse comuni a lungo occultate e che si sarebbe voluto cancellare dalla memoria. Ora questo luogo è diventato un memoriale, arricchito da un mausoleo e da una splendida Chiesa in onore dei “nuovi martiri” della Chiesa ortodossa russa, ovvero delle vittime delle repressioni perpetrate dal regime bolscevico. Non è mancato, sempre a Mosca, il tempo per incontri di grande rilevanza: quello vissuto presso l’Università Ortodossa Umanistica San Tichon, con la quale la Cattolica ha da poco festeggiato dieci anni di collaborazione, dove siamo stati accolti dal Vicerettore per le Relazioni Internazionali - padre Georgij Orechanov - e abbiamo potuto conoscere la ricchezza delle attività in essere. Ma rilevantissimo è stato - dopo una sosta presso il Centro Culturale “Biblioteca dello Spirito”, unico a Mosca per essere stato costituito insieme da Cattolici e da Ortodossi, seguendo un’intuizione di Padre Romano Scalfi, fondatore di Russia Cristiana - l’incontro con S. Ecc. Paolo Pezzi, Arcivescovo della Madre di Dio, a capo di una delle quattro diocesi cattoliche in cui è divisa la Federazione Russa. Mons. Pezzi ha concelebrato l’Eucaristia con l’Assistente Generale, S. Ecc. Mons. Claudio Giuliodori, e si è poi reso disponibile per un incontro davvero cordiale e prolungato con i partecipanti al viaggio, durante il quale, anche attraverso numerose e interessate domande, ha potuto delineare la vita e il ruolo della Chiesa cattolica in Russia.

Difficilmente l’intensità del viaggio e la densità delle esperienze vissute e delle emozioni condivise sarà stata resa adeguatamente da queste pagine: già sarebbe un successo averla almeno adombrata. Quello in Russia si è rivelato un viaggio che davvero ha introdotto i partecipanti in un mondo affascinante, così “altro” e così intrecciato con il nostro di europei occidentali, facendo maturare la convinzione che senza questo “polmone orientale” davvero la nostra stessa vita rischia di rimanere asfittica e incapace di un respiro vitale e profondo.

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