Università Cattolica del Sacro Cuore

Una diagnosi infausta - Prof. Noia Giuseppe

Una forma di opera di misericordia spirituale è anche quella di consolare gli afflitti. Sicuramente quando ci si trova dinanzi ad una diagnosi infausta, che l’ecografia evidenzia in un bambino non ancora nato, ci si confronta con l’afflizione dei genitori, una sofferenza che resetta tutti i progetti che essi avevano fatto sul proprio figlio e che apparentemente cancella la progettualità genitoriale, gettandoli nella più cupa situazione presente e nella nebbia o forse nel buio profondo di un futuro senza speranza.

Eppure quando la consulenza utilizza l’approccio dell’accoglienza e dell’ascolto, quando si condivide nella verità scientifica la realtà crudele della diagnosi, quando si da dignità con i gesti, le parole e i silenzi a quella vita gravemente malata o forse addirittura senza prospettiva di vita dopo la nascita, avviene un vero e proprio miracolo.

Quella medicina condivisa li fa sentire amati e soprattutto sentono e vedono che quel figlio malato e/o terminale è amato, che non ci sono criteri che lo classificano di serie B o non degno o lo scartano, che la presenza della malattia incurabile non è una colpa familiare e che l’accoglienza e l’amore sono medicine per tutte  le stagioni. Una medicina condivisa che si fa cireneo di queste famiglie obbedisce al detto evangelico che fa di ogni medico un buon samaritano che cura (I cure), porta sollievo (I relief) e si prende  cura (I care)  non solo del bambino non ancora nato ma anche di tutta la famiglia.

Non è vero che non c’è più niente da fare ma c’è tutto da fare, non è vero che non ha un senso accompagnare queste creature perché accoglierle ed amarle è il senso, non è vero che sono vite inutili perché sono il frutto di un amore tra due persone e questo amore è utilissimo nel tracciato esistenziale dei due, non è vero che dinanzi alla vita debole e apparentemente incompatibile con la vita extrauterina bisogna arrendersi perché come dice Hanna Harendt  “Gli esseri umani, anche se devono morire, non nascono per morire ma per incominciare”. Infatti accompagnare questi “incamminamenti” è una grande cura per i medici e ci restituisce quell’umanità che ci siamo fatti rubare.

Prof. Noia Giuseppe

Facoltà di medicina e chirurgia – sede di Roma